L’Italia e i suoi problemi economici: il nuovo volto del capitalismo/Pianificazione, programmazione, provvedimenti che derivano dalle cattedre universitarie La piaga del lavoro e la discussione sull’art. 18 L’auspicata "riforma strutturale del lavoro" ha finito per essere incentrata prevalentemente sulla trattazione (infinita) dell’articolo 18 - e nel silenzio totale sulla piaga del lavoro, qual è quella della salute dei lavoratori -. Il Presidente della Repubblica ha rincuorato il Paese, annunciando che "i licenziamenti non saranno una valanga", tranquillizzandolo altresì sulle stragi quotidiane (anche oggi) per infortuni mortali – così in Emilia, Liguria e Piemonte, il triangolo industriale vanto italiano -. I sindacati, in buona pace, chiedono a Monti e a Fornero di interessarsi un po’ e "con un diverso impegno, per aumentare i controlli sulla prevenzione". E così la pratica è "trattata". Rimedi strutturali sulla sicurezza e l’igiene sul lavoro non s’intravedono, se non nei costosissimi slogan sui media lanciati dalle istituzioni competenti in materia, nei retorici commiati delle cerimonie quotidiane sulle "morti sporche", nei silenzi assordanti del Ministro del lavoro, in una costante governativa di un’ossessionante campagna promozionale all’insegna di un "liberismo" di maniera, intriso di liberalizzazioni dell’assetto socio-economico del Paese - di corporazioni d’arte e di mestieri di sapore antico, molto antico, – di portata nulla o quasi nulla e con conflitti sociali in forte aumento, sempre più percepiti dai cittadini (sondaggio Gallup) specie rispetto a quelli con i sindacati operai. Le liberalizzazioni, il ddl Il "minuetto" di una pianificazione di obiettivi globali pluriennali - forse quelli della pianificazione sovietica, anche trentennale! (Kondratiev) - di riordino totale dei settori necessitati alle riforme (quasi tutti i comparti), poi di una programmazione sempre destinata ai settori produttivi, infine programmi-provvedimenti partoriti striminziti di evidente, anche per i non vedenti, gap rispetto ai macro - obiettivi frutto di concertazioni tra i poteri forti dell’economia, della finanza e delle cosiddette parti sociali: basti ricordare le commissioni bancarie divenute "nodo storico", in un quadro di pressione fiscale al 55%; di un Pil al -1,3%; di un’inflazione al 3,3%; di una disoccupazione al 9,2%; di una benzina a 1,905; di un rinato spread a 318 (siamo ai dati del 24 marzo) ma con quel debito pubblico!; di un costo per di oltre 60 miliardi causato dal fenomeno della corruzione (Corte dei conti e Ministro Severino); di "nessun freno… (Corte Dei Conti ) agli sprechi" sia per le mancate riforme degli istituti pubblici, previdenziali e non (leggasi anche enti inutili e già soppressi ma in vita da trent’anni!), sia per le non raggiunte liberalizzazioni richieste da Confartigianato e dal Pri - riguardo al famoso "tesoretto" Inail (frutto delle maggiori, ingiustificate misure di premio agli artigiani e al terziario tutto) -, sia per la "salvaguardia degli interessi pubblici" (culturali? di Rai, Finmeccanica, Eni, Enel); sia per il costo sociale degli infortuni e malattie professionali di entità quasi incalcolabile; sia infine la ripresa del ddl anticorruzione, fermo da mesi alla Camera anche per la "rimodulazione del reato di concussione", sebbene si venga ribadendo che la lotta alla corruzione " è una priorità per il governo"! L’avvenire nelle scelte Sembrerebbe così una sorta di liberalizzazione dei gangli vitali dell’economia, della finanza di quei commis di Stato o boiardi che occupano, o sono in procinto di rioccupare (leggi le lobby), i restanti settori pubblici in barba ai criteri montiani di meritocrazia dopo mezzo secolo di inefficienze e palesi diseconomicità di gestione senza alcuna prospettiva di aggancio all’efficienza produttiva del sistema economico nazionale. E la domanda qui si fa sempre più imperiosa al Presidente e ai Ministri competenti circa le credenziali delle nomine fatte e di quelle in corso i cui contenuti non dovrebbero che rispondere unicamente ai criteri di cui sopra anche nelle logiche dei risanamenti (sia pure ex post) che meritoriamente il Ministro degli interni ha avviato per ristabilire ad esempio le condizioni di legalità e trasparenza (esempi eclatanti i comuni di Gragnano, Pagani, e giù per la Calabria e la Sicilia e su anche per il Piemonte) dove l’attività amministrativa si è intrecciata pericolosamente con la politica e le associazioni di malaffare ormai diffusissime in tutto il territorio nazionale. Il quadro economico, i fattori, i conflitti, la pressione fiscale I conti comunque non tornano nonostante i bocconiani: la spesa pubblica di parte corrente al netto degli interessi sul debito è salita del 105% negli ultimi 30 anni (dati della Cgia di Mestre) per l’inarrestabile flusso di uscite di parte corrente (stipendi, funzionamento macchina statale), con un debito pubblico che grava sulle spalle di ogni cittadino come un macigno pari a 32.300 euro, con uno stock che a gennaio tocca il record (+38 miliardi per un totale complessivo di 1.935 mld) attestando una famiglia di quattro persone a ben 130mila euro! Come si potranno rispettare gli impegni europei? Portare il debito sotto il 60% nell’arco di vent’anni (fiscal compact sottoscritto a Bruxelles) sarà una magia con la recessione in atto da qualche tempo e senza prospettive visti i provvedimenti adottati di mortificazione dei fattori di una possibile espansione della domanda con in prospettiva la ciliegina dell’aumento dell’Iva al 23 %! La dismissione del patrimonio pubblico cedibile dovrebbe costituire invece una buona e sicuramente l’unica strada, per una fondata proiezione di positivi risultati, ovviamente dopo la "tosatura" ai pensionati. Ma la questione giace per i proficui "derivati" che potranno derivare dalla modifica dello Statuto dei lavoratori e dall’art.18! Di certo i provvedimenti di riforma adottati con il "metodo del minuetto", semplificando con i dati alla mano, si possono ritenere comunque necessari ma assolutamente insufficienti a poter rilanciare la crescita con l’oggettiva misurazione di un "arretramento del Paese di ben quattordici anni a certificare, qualora ve ne fosse stato bisogno, di "governanti del nulla " anzi sostegno esclusivo della corrente non solo di pensiero dell’antipolitica, fenomeno questo vieppiù crescente viste le supponenze dell’Ordine dei tecnici prestati al Governo "in supplenza della gaudente classe politica" e la mancata eliminazione dei privilegi che sono rimasti tali e quali dando ragione alla politica berlusconiana in materia, ed è quanto dire! L’attuale situazione conflittuale che ha prodotto la riforma del lavoro, secondo Fornero, nel cambiamento dei contenuti dello Statuto dei lavoratori nei termini fissati ab initio di combattere la precarietà, di ampliare la rete degli ammortizzatori sociali, di abolire il posto fisso (con deroga agli statali?) e di altri contenuti, sempre di liberalizzazioni del sistema economico e contrattuale, non sfugge comunque al quadro delineato di indicatori dello stato di salute dell’economia del Paese, né alle contraddizioni del roseo liberal divenire (liberaldemocratico o liberalsocialista?) attestate dalle tante retromarce (retribuzioni alla classe politica, ai commis d’etat, alle permanenze delle Province, degli enti inutili, dell’Ici/Imu inapplicabile alle Istituzioni di beneficenza e assistenza, ecc.) e ora delle commissioni bancarie! L’indubbia manifestazione di forza, di particolare caparbietà e decisionismo, nei rapporti con le parti sociali e i partiti, mal si concilia con l’energia aggiunta nel corpo aziendale di qualsiasi tipo e natura rispetto alla fase ineludibile della cogestione tra le parti. La fase storica, infatti, vissuta negli anni 60/70 con le impostazioni economiche tra i due fronti con lo scambio est-ovest tra Liberman, Samuelson e Nikotine tra il mercato e la programmazione, capitalismo e comunismo, con l’aggiunta dello strumento attuativo della politica dei redditi – dell’organizzazione aziendale /mercato/società-miste anche nell’Italia in trasformazione, avrebbe dovuto e potuto invece consentire al Governo di non sottovalutare i risultati conseguiti e avviare processi più generali del cambiamento politico ed economico nella sfera dei comportamenti aziendali privati e pubblici.. Dal confronto (non avuto nei termini richiamati) si sarebbero potuti riconoscere la partecipazione e il controllo dei lavoratori sull’organizzazione del lavoro nella congiunta riconfigurazione dell’azienda (ripetiamo privata e pubblica) nella dinamica molto competitiva del mercato anche nelle articolazioni delle economie locali e regionali, evitando conflitti industriali per le regole. Sono riflessioni e analisi non di livello eccelso e forse "mercantili" e di "bottegaio", ma di fondamentale importanza per la "cd. Crescita" atteso il nesso inscindibile tra lavoro e organizzazione industriale . Le misure adottate, il fisco, il debito pubblico (solo spunti) Inutile parlare di superamento delle "resistenze delle rendite di posizione" senza poter apprezzare i vantaggi teorizzati dal "processino" di liberalizzazione avviato, ma essendo frutto non di un organico disegno per tutte le fattispecie di monopoli, brillantemente evidenziate dall’Istituto Bruno Leoni (documento sulla manovra presentato dal PRI: La Voce Repubblicana de l2 settembre 2011 e Commissione Lavoro Pri dell’8 marzo 2010 nei Quaderni), non risponde al tassativo obiettivo dell’ora delle riforme per la crescita, eliminando da subito gli sprechi, attuare le discesa della pressione fiscale (aumentata in silenzio, sic!), la spesa dei consumi della Pubblica amministrazione, la soluzione reale del debito pubblico storico che mette a rischio permanente i titoli di Stato, il pareggio di bilancio e soprattutto il minor costo del lavoro. La dismissione immobiliare è apparsa, nel corso della "trattativa", una soluzione da "neutralizzare" assolutamente. Da queste pagine è stata reiteratamente mostrata quale ipotesi decisiva, di recupero delle condizioni fallimentari dei conti pubblici. Su tale onda di proposta, l’On. La Malfa ha recentemente rilasciato concorde parere di economista verso tale direzione (vedi l’’Espresso). In definitiva, Pil sempre più giù, caduta netta di produzione, di fatturato e ordini nel manifatturiero, calo di produttività, occupati in diminuzione, aumento del debito pubblico, spread, la programmata Iva al 23%(!), oltre a quanto ragioneristicamente elencato, costituiscono non più segnali ma bollettini "di guerra" per i " bocconiani", e non solo, temi e fattori tutti che devono necessariamente essere riaffrontati e avviati a soluzioni, avendo di fronte l’unica scelta di andare responsabilmente alle elezioni. Un’annotazione finale per la ricetta "come tagliare la spesa e ridurre le tasse" non appare più consigliabile rispetto al quadro delineato e all’applicazione della mini stangata di Pasqua per l’aumento Irpef regionale e comunale (a quando quello provinciale?). Il punto di rottura o break event point attestato solo al 55 % di pressione fiscale, Ministro Passera, è stato già ampiamente superato! Con il trinomio montiano del rigore, equità, ecc. si ritiene siano incompatibili i provvedimenti sin qui adottati: sia del primo atto del Governo volto al "rigore" (per chi e dove?), sia dell’immaginario secondo riguardante lo sviluppo" (quale e con chi?). Baldacconi, Baratto, Giannoni, Lanti, Mileto, Serrelli, Commissione Lavoro Previdenza e Sicurezza Pri |